(testo di Helene Giaufret Colombani)
Iniziato nel dicembre 1787, il manoscritto si conclude il 1 gennaio 1797, coprendo in tal modo nove anni cruciali: iniziato nell’Antico Regime, esso attraversa le varie fasi della Rivoluzione con l’intermezzo effimero del regno anglo-corso (15 giugno 1794 - 19 ottobre 1796). Destinato a contenere i verbali delle assemblee della comunità di Pioggiola (se ne contano 67), fu utilizzato in modo non conforme per trascrivere l’elenco delle leggi e dei decreti giunti da Parigi, via Bastia prima e poi via l’Isola Rossa a partire dal 17 gennaio 1791, talvolta a blocchi (si vedano in particolare le carte 21 v - 34 r e 44 r - 56 v) con inserimento interno di qualche verbale, in particolare quelli del 16 gennaio 1791 (c. 34 v) e del 13 maggio 1792 (c. 43 v). Tali elenchi sono stati barrati in seguito a due interventi, il primo anonimo: “Così fanno li mal custodi dei libri e scritture dove si deve scrivere una cosa non si deve scrivere l’altra” (c. 43 r) mentre il secondo (“Da qui in poi non registrate ordinanze ma scrivete vostre determinazioni”) è firmato Leoni, che interviene con autorevolezza (c. 56 v). Si aggiungano errori di numerazione nonché anteposizioni di verbali posteriori a registrazione di riunioni precedenti (si vedano quelle relative al 1791 nelle carte 34 r, 57 r poi dalla 109 r alla 114 v) e perfino doppie registrazioni sulle quali torneremo più tardi.
Non stupisce che le tematiche riguardino in maggioranza i problemi di gestione della comunità: la cura delle strade, con intervento dei podestà delle comunità limitrofe, l’indicazione dei giorni in cui tutti devono partecipare ai lavori (3 verbali), le modifiche di tracciato di qualche strada con relativo indennizzo dei proprietari in seguito a perizia, l’acquisto di terreni, e in particolari quello dei beni nazionali, l’elezione delle varie autorità locali (4 verbali) con dettagliata rendicontazione del podestà a fine mandato (3 verbali), l’elezione di periti (2 verbali), del segretario municipale (1 verbale), degli uscieri, delle guardie a sorveglianza delle messi (5 verbali), dove è quasi sempre indicata la retribuzione, in denaro o in natura, il giuramento degli eletti, la creazione della milizia, corrispondente alla Guardia Nazionale, con l’elenco dei militi, divisi in tre sezioni che riprendono le suddivisioni del villaggio, e degli ufficiali che li comandano (c. 133 r).
Interessanti le sedute ove si mettono all’asta (2 verbali) o si sorteggiano (1 verbale) le terre comunali, il che permette di conoscere sia i toponimi sia l’ammontare del contributo dovuto alle casse comunali. Un verbale menziona proprio il mancato versamento dell’imposta, che ammonta a quattro decimi del grano raccolto (c. 132 r) e la richiesta d’intervento della forza pubblica che risolve in gran parte il problema (c. 132 v).
Le sedute riuniscono ora il consiglio, ora i cittadini attivi – cioè gli uomini di età superiore ai 25 anni e sottoposti all’imposta dei due ventesimi –, ora tutti i padri di famiglia, con l’elenco dei presenti, ora l’intera popolazione adulta “tutti gli abitanti, moglie e famiglia aventi l’età richiesta” (c. 65 r) per determinare l’imposta dovuta al parroco.
Nonostante la complessità della storia nazionale e di quella còrsa in particolare la vita della comunità rivela una sostanziale stabilità nella gestione delle cariche: il podestà del 1788, Francesco Franceschi, ritrova la sua carica, ora di prefetto o “Maire”, nel 1792, mentre uno dei cancellieri, Bonaventura Colombani, notaio, ricopre la carica da 1794 al momento che corrisponde al termine del manoscritto. La denominazione tradizionale di “Padre del comune” sussiste sino alla fine del 1790 per lasciare posto a quella di Ufficiale municipale o più semplicemente di “Municipale” e di “Procuratore”. Vengono citati anche i “notabili” dal 1791, mentre nel 1794 ricompaiono i Padri del comune.
La necessità di adeguamento a procedure non tradizionali si manifesta prima ancora della Rivoluzione. Già sotto la monarchia assoluta viene imposto lo scrutinio segreto invece del voto per acclamazione. La complessità delle operazioni mette a dura prova i redattori confrontati con operazioni non sperimentate e formule da acquisire.
Invece, l’indicazione delle date rivela un rapido adeguamento, anche se irregolare, alla dicitura imposta fin dal 31 dicembre 1790. In quella data il cancelliere indica “[anno] secondo della libertà”, aggiunta che, doverosamente, scompare durante il regno anglo-còrso per essere modificata all’inizio del 1796 in questi termini: “anno quinto della repubblica francese una e indivisipile [sic]”.
Più laborioso si presenta il passaggio dalla valuta genovese (“prezzi a conto di Genova”), che resiste sino al 1794, anno in cui, tuttavia, una rendicontazione menziona le due valute: la somma di “lire cinquanta e soldi sedici, tutta a conto di moneta corrente di Francia ed a moneta di Genova suma [sic] a lire tre e soldi dieci a conto sudetto di Genova” (c. 133 r), mentre in uno stesso verbale vengono elencati un esborso di “lire dodici e soldi sedeci a conto di Genova” e “un prestito di lire trentasei a conto di Francia”.
Alcune riunioni vertono sui rapporti con i forestieri. Da una parte, il 5 maggio 1796 (c. 57 r) si proibisce agli abitanti (“individui logali” [sic]) di entrare in società con “foresti proprietari” nell’allevamento di “bestiami lattanti”, poco tempo dopo (16 giugno, c. 62 v) si autorizza un abitante di Aregno a portare il suo bestiame a pascolare sulle terre comunali dietro pagamento di 15 lire “per banda”, ossia appezzamento, con una precisazione che stupisce in un testo così strettamente amministrativo: “per godere dell’aria e frescura e pascolo”!