Appunti sull'oratorio confraternale di Pioggiola
(testo di Piero Donati)
Quando si incontra il toponimo Santa Croce, così diffuso in Corsica, occorre interrogarsi sull'origine di questo bene culturale immateriale. Una domanda che deve andare in parallelo alla riscoperta, oggi peraltro incoraggiata ufficialmente, dei “parcours patrimoniaux”, riscoperta che, nel caso della Balagna, ha portato al recupero della tradizione dell'ascesa processionale al Monte Parteo [1]. Il culto della Santa Croce, che accomuna la Corsica alla Liguria di Levante, alla Lunigiana ed alla Toscana settentrionale, è strettamente legato alla diffusione del culto del Volto Santo di Lucca, una delle devozioni maggiormente praticate in ambito europeo dal secolo XII in avanti; questa devozione, prima del rilancio su larga scala avvenuto nel secolo XVII, si era però ristretta all'ambito confraternale [2] e ciò spiega, nonostante la relativa scarsità delle immagini sopravvissute, la sua capillare diffusione in tutto il territorio corso.
In filigrana, la persistenza di questa devozione si coglie a Pioggiola nella pala dell'unico altare, una tela assai lacunosa che si riproduce qui nello stato in cui versava prima del recente, devastante assalto dei roditori (fig. 1): alle immagini della Vergine stante e della Maddalena inginocchiata, il cui modulo allungatissimo contrasta con quello del brevilineo Gesù crocifisso, si accompagna infatti, in secondo piano, una figura dotata di ampio manto che ostenta un grazioso piedino e che, con tutta probabilità, è identificabile come Sant'Elena, madre dell'imperatore Costantino, alla quale spetta il merito, secondo la tradizione, di aver rinvenuto la Vera Croce di Cristo, episodio narrato nella grande tela dell'Ansaldo posta sull'altare della casaccia intitolata alla Santa Croce esistente un tempo – ma sopravvive il toponimo – sul colle di Sarzano, nel cuore antico di Genova [3]. Non è facile, in assenza di riscontri documentari, dare un nome all'autore di questo dipinto, quasi certamente un maestro nato nell'isola e di cultura tardo-settecentesca, non privo di carattere ma incapace di mettere adeguatamente a frutto le sue risorse.
La facies prevalente, all'interno del semplice edificio a pianta rettangolare che ospita la confraternita, è quella che evoca la prima metà del secolo XVIII, periodo coronato dall'arrivo del bel crocifisso processionale (fig. 2), ricco di sottili variazioni sul tema, appartenente a pieno titolo alla diramata famiglia della scultura lignea post-maraglianesca.
Nel 1713 si colloca, come attesta la data, la realizzazione degli austeri stalli lignei (figg. 3-4) destinati alle adunanze dei confratelli, restaurati di recente [4], i quali vanno però ad interferire con le nicchie che fiancheggiano l'altare, destinate ad ospitare immagini scolpite [5].
La bottega che vediamo qui all'opera è senz'altro una bottega isolana, attiva probabilmente da generazioni, in possesso di un repertorio figurativo che altrove sarebbe stato rigettato come antiquato; all'interno di questo repertorio troviamo veri e propri fossili linguistici, ereditati dal tardogotico (fig. 5), accostati ecletticamente a novità di matrice barocca, come le volute di sostegno delle panche.
Un'indagine specifica su apparati lignei coevi presenti sul territorio farebbe probabilmente emergere significative consonanze tecniche e formali; per il momento, limitiamoci a segnalare che nell'oratorio di Sant'Antonio di Padova, che sorge a breve distanza dall'oratorio di cui ci stiamo occupando, esiste un mobile da sacrestia datato 1714 [6] che ostenta caratteristiche formali del tutto simili, pur nella diversità delle funzioni, rispetto agli stalli dell'oratorio di Pioggiola: anche in questo caso, infatti, assistiamo alla convivenza di soluzioni aggiornate, quali i rombi degli sportelli della parte superiore, e di persistenze di motivi decorativi del passato, quali i girali di vite che si notano nella parte inferiore (figg. 6-7).
Questi sintetici appunti trascurano volutamente le decorazioni dipinte, solo parzialmente visibili, esistenti sulla volta e al di sopra dell'altare, ove sembra di intravedere la data 1709 (fig. 8). C'è da augurarsi che, assieme alla sventurata tela, esse siano restaurate e quindi studiate al più presto.
[1] San Parteo (Parteu in corso), vescovo di Mariana e contitolare della confraternita, è un “santo molto popolare nella regione”, come scrisse a suo tempo Oreste Ferdinando Tencajoli (Chiese di Corsica, Roma 1936, p. 250), il quale peraltro ricorre alla dizione Perteo, utilizzata dagli autori, citati dalla Moracchini-Mazel, che nei secoli XVII e XVIII si occuparono della storia ecclesiastica della Corsica (G. Moracchini-Mazel, Corsica Sacra, I , Porto-Vecchio 2004, pp. 72-75). Il suo culto è attestato in antico anche a Noli, come testimonia una tavola del secolo XVI, segnalatami da Renato Boi, conservata nella chiesa di San Paragorio di quel borgo della Riviera ligure di Ponente; qui il santo è raffigurato sulla sinistra del dipinto, dietro l'immagine equestre del titolare della chiesa.
[2] P. Donati, "Immagini del Volto Santo in Liguria e in Lunigiana", in Tra Genova e il Magra. Pittori e scultori nella Liguria di Levante, La Spezia, 2012, pp. 71-104; sulla possibilità di identificare il Volto Santo oggi a Bocca di Magra come il più antico esemplare venerato a Lucca, si vedano P. Donati, "Sulla provenienza del Volto Santo di Bocca di Magra", in "Sotto il segno della croce 312-2012", Atti della Giornata di Studi di Castelnuovo Magra (10 settembre 2012), in Giornale Storico della Lunigiana e del Territorio Lucense, n.s. , LXIV, 2013 (maggio 2016), pp. 145-162, e soprattutto Idem, "Sul Volto Santo di Bocca di Magra", in Predella, 43-44, 2018 (maggio 2019), pp. 9-50 e I-XVIII, con bibliografia precedente.
[3] Il dipinto è oggi conservato nella chiesa parrocchiale di Santo Stefano di Borzoli (F. Boggero, scheda 6, in Un pittore genovese del Seicento. Andrea Ansaldo 1584-1638. Restauri e confronti, catalogo delle mostre di Genova e di Roma, Genova 1985, pp. 46-49). Di questo dipinto esiste una replica largamente autografa ma di minori dimensioni nella casaccia di Santa Croce a Monterosso al Mare, nelle Cinque Terre.
[4] L'apparato ligneo era fortemente compromesso a causa di un massiccio attacco di termiti, insetti lucifughi che si nutrono delle fibre del legno senza intaccare la superficie esterna. In questa occasione si è potuto verificare che la struttura portante è costituita da legno di larice, mentre i dossali, i sostegni delle panche e gli intagli ornamentali sono in noce, con limitati inserti in legno di bosso. Il restauro è stato effettuato nell'estate del 2019 da Renato Boi (Finale Ligure) e dai suoi collaboratori.
[5] Questa anomalia rende lecito ipotizzare che gli stalli fossero destinati in origine ad altra sede.
[6] Accanto alla data, in un'apposita cartella, si legge MCLOCP; se la P finale fosse l'iniziale di “Potestas” e se Loc fosse la forma abbreviata del genitivo “loci”, le prime due lettere potrebbero essere le iniziali del podestà del paese.