Caratteristiche linguistiche del manoscritto delle delibere

(testo di Hélène Colombani Giaufret e Anna Giaufret)

Il manoscritto offre alla nostra lettura due testi estranei l’uno all’altro e inseriti l’uno dentro l’altro in modo casuale: il primo contiene i verbali delle riunioni della comunità durante gli anni della Rivoluzione, il secondo elenca i titoli dei documenti ufficiali giunti dalla lontana Parigi fino a quella lontana periferia dell’Impero francese. Entrambi redatti in italiano, lingua ufficiale da secoli prima della francesizzazione, ma non lingua quotidiana in un’isola che vive quindi in una situazione in cui convivono il còrso orale della quotidianità e l’italiano, lingua delle relazioni ufficiali, della Chiesa e dei dotti. Anche i toponimi (come Pioggiola, Giussani – si veda la pagina dedicata per maggiori informazioni) sono sempre trascritti nella loro forma italianizzata, che è anche la forma che adottiamo in tutti i contenuti del sito.


Che cosa ci possono dire i nostri testi sull’uso di quell’italiano scritto la cui padronanza è allora privilegio di pochi, fra cui i diversi cancellieri? In che modo e chi ha tradotto i testi provenienti da Parigi e in che modo? Alla prima domanda possiamo rispondere esaminando i verbali e sapendo chi sono i redattori, mentre per la seconda possiamo sì esaminare gli esiti delle traduzioni mentre ci dobbiamo limitare a fare ipotesi  per stabilire a che livello amministrativo sia stato compiuto il passaggio dal francese all’italiano.

I verbali

Due sono per i verbali gli idiomi in campo: il còrso orale, in cui si svolgevano le riunioni, mentre, a partire da un brogliaccio già in italiano, non avendo ancora questo volgare comune una norma scritta, il cancelliere redigeva il verbale. Oltre al passaggio dall’orale allo scritto, passaggio inerente al genere testuale, si aggiunge quindi il passaggio da un idioma all’altro. Peraltro occorre tenere presente che il documento è un testo a più voci   che intreccia quelle di ben sette cancellieri, oltre ai brevi interventi di autorità superiori. Ognuno di questi segretari ha una padronanza variabile della lingua “alta” per cui le caratteristiche elencate qui appresso si limitano a elencare i fenomeni più ricorrenti.

Quali sono, per sommi capi, le caratteristiche dell’italiano? Innanzitutto occorre sottolineare il fatto che i cancellieri dimostrano una buona padronanza testuale dei canoni del genere “verbale” nello schema seguito: data, luogo e, in seguito, punti trattati, nomi e firme delle autorità o dei presenti.

Viene privilegiata la formulazione alla prima persona del plurale: “Noi Podestà” o “nanti di noi…”. Inoltre, con la formula “questa cancelleria” il redattore si riferisce a se stesso.

Il livello testuale contrasta con la grafia non sempre corrispondente alla norma dell’italiano dell’epoca, forse per interferenze con il còrso, in particolare per quanto riguarda le doppie consonanti, che sono spesso assenti quando sarebbero richieste e vice versa.

Si nota inoltre, ancora per interferenza del substrato còrso, l’influsso della fonetica sulla grafia con la sonorizzazione delle sorde, in particolare per la grafia delle coppie [k]/[g] e [tʃ]/[dʒ]: consegutivi, legito... In compenso, si rilevano in questo ambito molti ipercorrettismi sempre per la stessa coppia (aucusta…) riguardanti anche i suoni [b]/[p] (puplicare, proipiva…). Tali ipercorrettismi rivelano l’insicurezza degli scriventi e un tentativo di sorveglianza della produzione, evidenziato dalla totale assenza della finale di nomi e aggettivi in -/u/ che caratterizza il còrso.

Sembra tuttavia che le maggiori difficoltà siano concentrate negli ambiti morfologici e sintattici.

Per la mancata dimestichezza con l’italiano alcuni usano in modo non canonico certe forme verbali, modi (congiuntivo) e tempi (futuro) scarsamente utilizzati, non sempre osservano le concordanze tra soggetto e participio passato e incontrano difficoltà nell’uso dei possessivi. 

Quando il periodo diventa molto lungo e complesso, la mancanza o l’uso improprio dei connettori e degli anaforici rende l‘interpretazione piuttosto difficile e il significato talvolta oscuro.

In ambito lessicale si rileva un’attenzione particolare all’uso di vocaboli specifici (mallevadore) e perfino di termini latini, tutti elementi che lasciano supporre, in alcuni casi – essendo uno dei cancellieri notaio - una qualche dimestichezza con le discipline giuridiche

I corsismi sono estremamente rari mentre i cancellieri hanno dovuto far fronte all’arrivo di moltissime novità lessicali imposte dagli avvenimenti in campo politico-amministrativo. Per esempio il vecchio podestà ha lasciato posto a un prefetto poi a un maire, mentre nasce un commité. I redattori spesso ricorrono al calco: con gli assegnati arriva una banconota fino allora sconosciuta, viene richiesta la maggiorita nelle votazioni, Pioggiola diventa secondo l’uso francese la villa di Pioggiola, si drizza il verbale, e si prende piazza (“on prend place”). Rispecchiano tali prestiti e calchi una certa conoscenza della lingua francese? Tutto lascia supporre che alcuni cancellieri conoscessero non soltanto l’italiano ma anche quella che sarebbe diventata, dopo un lungo percorso, la lingua della Nation.

L’elenco delle leggi

Come si comportano i traduttori dei titoli dei documenti, decreti, leggi, arrivati da Parigi, ovvero gli autori del secondo documento? L’elenco presenta dal punto di vista dell’ortografia e del lessico, sia sul piano morfologico, sia semantico, le stesse caratteristiche dei verbali, essendo la sintassi estremamente semplice, visto che i titoli sono generalmente composti da sintagmi nominali con rare subordinate.

Per quanto riguarda le doppie consonanti ritroviamo le stesse caratteristiche notate nei verbali, il che potrebbe fare propendere per una traduzione in loco, avendo le élites dei capoluoghi una buona conoscenza delle due lingue. È vero che raramente si coglie l’influsso della fonetica del còrso ma, in compenso, a più riprese, la presenza d'ipercorrettismi (pacamento, pricionieri) denota insicurezza e controllo.

I termini francesi sono rari e sono prestiti di necessità limitati, il più delle volte, alle parole prive di traducenti perché riferite al diritto prettamente francese. È il caso dell’abolizione dei diritti feudali ed ecclesiastici o, raramente, dell’istituzione di nuove entità amministrative fino ad allora inesistenti, come nei verbali.

In genere, vengono italianizzati i termini francesi con l’adozione di calchi. Talvolta il cancelliere si lascia ingannare dai “falsi amici” utilizzando sortire per “uscire”, difendere per “proibire” ma tutto sommato, nonostante esiti non sempre felici, il traduttore, che lavorava su due lingue che non erano quelle della sua quotidianità, ha avuto la capacità di sperimentare varie strategie traduttive per rendere comprensibili dei documenti estranei alla vita dei suoi concittadini.

 

prima pagina manoscritto

Ultimo aggiornamento 2 Novembre 2022